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La musica è il linguaggio dell'anima che con un intreccio di suoni e silenzi, accarezza il cuore e racconta infinite emozioni

Chi ha inventato la musica | La perfezione della musica

Chi ha inventato la musica


Post pubblicato su Racconti di Musica



Chi ha inventato la musica? Nessuno lo sa.
Non esiste nessuna prova storica che ci può dire chi ha cantato la prima canzone, o chi si mise a fischiettare la prima melodia, o chi ha prodotto i primi suoni ritmici che potevano assomigliare a quello che oggi noi conosciamo come musica.
I ricercatori dicono che sia successo migliaia di anni fa e quello che è stato scoperto è che le prime civiltà africane, europee e asiatiche avevano la musica.

Le credenze dicono che la musica è stata una creazione divina, ed in effetti dei e dee di molte religioni e di molte mitologie sono associati alla musica. Storie antiche e molte opere d’arte raccontano che il dio africano Àyàn era un batterista, che il dio greco Apollo suonava la lira e che Ulisse pianse ascoltando i canti di Demodoco, il musicista cieco.
Nel Libro della Genesi, Jubal – discendente di Adamo – è identificato come il padre dell’arpa e del flauto.
Gli scienziati probabilmente non saranno mai in grado di attribuire a una persona, o ad un gruppo di persone, il merito dell’invenzione della musica. Ma sono stati ritrovati molti artefatti e molte prove che ci possono aiutare a capire come – e soprattutto perché – gli antichi si riferivano alla musica.

Molti studiosi sostengono che il canto sia stato il primo tipo di suono musicale, e sono tutti concordi nel dire che probabilmente sia stato per imitare qualcosa di bello, come i versi degli uccelli, ed anche che le imitazioni di alcuni animali erano state usate per la caccia.
Un’altra possibilità poteva essere che il canto fosse stato un modo per comunicare con neonati e bambini piccoli, come le prime versioni delle ninne nanne.

Dai documenti antichi custoditi nelle chiese cattoliche di tutta Europa si scopre che durante il Medioevo all’inizio c’era una sola melodia vocale che veniva cantata da un solista o da un piccolo gruppo di sacerdoti maschi e che dopo qualche tempo anche le suore cominciarono a cantare nei conventi. Successivamente la polifonia divenne sempre più comune, quando due, tre o quattro voci cantavano ciascuna melodie diverse, aumentando la complessità del suono.

I musicologi hanno aiutato gli archeologi a riconoscere gli antichi strumenti musicali dai manufatti scoperti. Molti ritrovamenti sono stati flauti e fischietti fatti di ossa, di ceramica e di pietra. Gli archeologi hanno utilizzato la datazione al carbonio-14 per scoprire quanti anni avevano gli strumenti ossei sfruttando il fatto che tutti gli organismi viventi (siano animali, piante o persone) contengono una certa quantità di carbonio-14. Quando muoiono la quantità di carbonio-14 diminuisce lentamente nel corso di anni, decenni e secoli. Quando gli scienziati hanno misurato la quantità di carbonio-14 rimasta nei flauti ricavati dalle ossa di grandi uccelli, hanno scoperto che alcuni di questi strumenti avevano addirittura più di 30.000 anni!

In Giappone alcuni antichi fischietti e sonagli, fatti di pietra o di argilla, sono risultati avere circa 6.000 anni. Attraverso i loro piccoli fori, questi strumenti creavano toni alti e striduli. In Cina, le campane di ceramica (antenate delle campane di bronzo), apparvero almeno 4.000 anni fa. In Grecia, strumenti come la krotola, una serie di blocchi cavi legati con pelle, venivano suonati 2.500 anni fa. I greci usavano anche piatti da dito e tamburi a cornice, simili ai nostri contemporanei.

Gli strumenti musicali antichi si possono anche associare a diversi tipi di persone. I pastori suonavano la siringa, uno strumento simile a un fischio, conosciuto oggi come flauto di Pan. La siringa era uno strumento semplice, facile da portare nei campi mentre invece l’aulos era uno strumento a fiato più sofisticato costituito da due canne e per suonarlo ci voleva molta più abilità.

In Africa, pitture rupestri e incisioni risalenti a 4.000 anni fa mostrano musicisti che suonano quelle che sembrano essere arpe e la ceramica greca raffigura spesso scene musicali.

Riuscite a immaginare di vivere oggi senza musica? Io proprio non riesco. La musica non solo intrattiene e affascina, ma soprattutto ci permette di comunicare emozioni. La musica ci aiuta a celebrare gli eventi gioiosi e ci consola quando siamo tristi o sofferenti.
Sono certo che la musica antica faceva provare ai suoi ascoltatori le stesse forti emozioni che noi proviamo con la nostra.

E quindi… come potrà essere la musica nei prossimi secoli?

La perfezione della musica


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Ogni tanto me lo chiedo. Me lo chiedo quando ascolto certi brani.
Parlo ovviamente per me. Ci sono dei pezzi che ritengo perfetti.
Potrei ascoltarli e riascoltarli per ore e continuo a trovarli… perfetti.
Non c’è neanche una nota che “non è al suo posto”. E’ tutto così cristallino, di una bellezza estrema, in un ordine assoluto, forse “matematico”.
Tutto così perfetto che basterebbe spostare una sola nota per fare crollare tutto. Perfetti nei tempi, nell’armonia, nella composizione…
Ci sono pezzi di Chopin. Di Debussy. Di Stravinsky… ma anche dei Pink Floyd, e così dei Genesis, Jethro Tull e di altri.
Ma quelli perfetti non sono tutti. In generale dei miei autori preferiti i pezzi mi piacciono quasi tutti, e provo sempre un immenso piacere ad acoltarli. Ma ci sono solo pochi di questi che ritengo “perfetti”.
Ho maturato questa mia “verità” nel corso degli anni. Devo dire che “musicalmente” non sono proprio di primo pelo e di note sotto i ponti (della chitarra) ne sono passate parecchie.
Piccola considerazione matematica: Ho scoperto che Debussy era ossessionato dal “numero divino” cioè dalla sezione aurea, e difatti nel suo “Cathédrale Engloutie” di 89 battute, alla battuta 68 il brano rallenta dimezzando la sua “velocità” per le restanti 21 e l’effetto generato da questo cambio induce chi ascolta a percepire le prime 68 battute, le più rapide, come fossero la metà (ovvero 34) rendendo così il numero di battute percepite complessivamente 55 (cioè 34+21).
89, 55, 34 e 21 fanno parte della successione di Fibonacci (0, 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89, 144, 233, 377, 610, 987, …) dove ogni termine è la somma dei due numeri precedenti e la divisione di ogni termine per quello precedente tende al numero 1,618 che è proprio il “numero aureo” considerato come valore ideale di bellezza e armonia.
In ”Firth of Fifth” dei Genesis gli assoli sono solo di 55, 34 o 13 battute e continui riferimenti si possono trovare anche in “Child in Time” dei Deep Purple.
Se poi penso al pianoforte, ogni ottava è composta da 13 tasti, di cui 8 bianchi e 5 neri a loro volta suddivisi in gruppi di 3 e 2… bellissimo!
Tornando però alla questione iniziale, quello che mi chiedo è se ci sono dei pezzi riconosciuti perfetti universalmente o sono così solo per qualcuno o solo per me.
E’ ovvio che i brani sono legati ai ricordi, e possono piacere di più se sono legati ad un periodo felice, ma non intendo questo. Parlo di pezzi che vanno al di là del tempo. Qualsiasi siano stati i ricordi continuano ad essere apprezzati per la loro perfezione e restano per noi sempre attuali.
Ogni tanto penso se questa non sia una banalità e che probabilmente tutti i musicisti e musicofili se lo saranno già chiesto.
Sì. Però io non ho una risposta.

Pagina modificata domenica 31 agosto 2025


La migliore introduzione che potete trovare
al modo di percepire le dimensioni

Isaac Asimov




Con la Fisica si sta cercando di capire razionalmente come,
con lo Zen si sta cercando di capire,
e con la Musica... capiamo.